Sulla lettura, di Leonardo Terzo

Hic Sunt Group, Lettura, 2012

La lettura è il modo preliminare in cui la letteratura esiste alla ricezione e, a sua volta, ha una storia. Del resto il primo ricettore è l’autore stesso al momento dell’esperienza creativa, per cui possiamo dire che l’autore è il primo lettore della sua stessa opera, così come il lettore è l’ultimo autore del testo che legge.

Dunque la lettura viene dopo la scrittura, perché si legge ciò che è scritto, ma la sua connessione con l’oralità che precede le culture scritte è evidente nel fatto che la lettura è stata prima un fatto vocale. La lettura era fatta ad alta voce, come recitando: accanto all’inventio (la tematica) e alla dispositio (l’ordine degli argomenti), la retorica classica infatti prevedeva l’elocutio o actio (l’esecuzione), termine questo che enfatizza la lettura come azione fisica. Si è poi passati ad una lettura a bassa voce, muovendo solo le labbra, e infine alla lettura totalmente interiorizzata, fatta solamente con gli occhi e la mente. Questo legame con l’oralità evidenzia l’origine comunitaria, ovvero di condivisione e comunicazione del sapere che è tale solo in quanto trasmesso a degli interlocutori.

La scrittura invece pare sia stata originata da una necessità computazionale, per contare e distinguere i depositi delle derrate agricole conservate. Essa è uno dei tanti effetti del passaggio da una società nomade, basata su un’economia della raccolta, ad una società stanziale, basata su un’economia agricola. Come la scrittura è connessa con la conservazione delle derrate e quindi del sapere, la lettura è connessa con l’apertura dei depositi e l’utilizzo delle derrate e quindi con la distribuzione del sapere.

In questo passaggio riemerge anche la connessione del potere al sapere. Leggere e scrivere sono tecniche funzionali al dominio della natura. Ma il fatto che per secoli questo sapere fosse delegato ad una casta, prima di schiavi e poi di chierici e poi di funzionari e poi di intellettuali, sempre al servizio del potere reale, di un altro tipo, dimostra che il potere del sapere è per sua natura strumentale e “tecnico”, e dunque sempre subordinato a poteri più forti, a finalità più arcaiche, a pulsioni più elementari, connesse alle fasi primordiali dell’evoluzione umana. Solo nell’utopica Repubblica di Platone, il potere è affidato direttamente ai filosofi.

Ad ogni modo la dialogicità della cultura dimostra che l’individualità della coscienza, favorita dalla stampa e dalla diffusione della lettura individuale e silenziosa, è uno stadio intermedio di riflessione e interiorizzazione dell’esperienza, tra la fase dell’apprendimento, a contatto col mondo e con gli altri (raccolta e conservazione), e quella della nuova partecipazione agli altri del proprio sapere soggettivizzato (distribuzione).

Il passaggio dall’oralità alla scrittura è anche un passaggio dalla necessità di una presenza umana, connessa al sapere, ad un sapere che invece si stacca, seppure temporaneamente, dal corpo umano, per collocarsi nel materiale scrittorio, almeno fino a quando non sarà ripreso in mano e riattivato da un lettore. La conservazione della memoria nella scrittura separa il sapere dall’uomo empirico, ma anche dalla dimensione mitica. Lo isola, lo materializza in supporti tecnici e lo proietta nel futuro, rendendolo “conservativamente” autonomo. In questo modo si avvia quel processo che porterà alla cosiddetta intelligenza artificiale.

L’abitudine di leggere ad alta voce, oltre che un residuo della connessione del sapere con la presenza e con la corporeità umana, è anche un collegamento con la teatralità che, come “rappresentazione” è una ri-presentazione del sapere acquisito e dunque già noto. La rappresentazione teatrale è l’esecuzione ripetitiva di un evento già verificatosi o comunque collocato in un passato immaginario. La ri-presentazione, da semplice comunicazione orale, diventa poi presentazione scritta e poi multimediale con tutti i mezzi di comunicazione di volta in volta disponibili. Ma, nel momento in cui è lettura ad alta voce, la comunicazione implica la nostalgia di una presenza, reale o ipotetica, di un interlocutore o di un uditorio che prima è la comunità tribale, poi l’agorà, poi la comunità conventuale dei monaci, e poi la “repubblica delle lettere”, e poi ancora l’idea di “sfera pubblica”. In termini politici sarà la “rappresentanza” parlamentare, la cui attività è prima discussione orale e poi legislazione codificata.

Peraltro pochissime forme, che forse è improprio definire letterarie, sono ancora legate alla presentazione orale. Per esempio la barzelletta, che ha senso solo se completata dalla reazione ilare e immediata degli ascoltatori, e la canzone, che ovviamente è una forma di recita in musica, che però viene fatta propria e ripetuta, cioè cantata di nuovo, dagli ascoltatori che la imparano. La canzone può inoltre essere cantata insieme ad altri, e la condivisione della barzelletta avviene in due occasioni diverse, quando la si ascolta la prima volta e quando la si racconta di nuovo ad altri. Perciò canzone e barzelletta sono forse forme teatrali miniaturizzate e “portatili”, che l’individuo riceve e ritrasmette attraverso una propria interpretazione, intesa come esecuzione.

La corporeità umana, come spazio d’origine del sapere attraverso l’esperienza, si manifesta dunque residualmente nell’oralità della voce. La lettura mentale è, all’estremo opposto, l’adeguamento ad un’economia espressiva che mira sempre più a liberarsi delle necessità contingenti del tempo e dello spazio. Essa è un passo verso la meta di una comunicazione che, con una metafora di provvisoria attualità, potremmo denominare “iperdigitale”, cioè quella che, con la minima materialità dei mezzi, raggiunge il massimo di comprensione e identificazione.

La lettura silenziosa privilegia l’informazione, minimizzando il lavoro dei sensi a vantaggio di quello della mente. La lettura ad alta voce invece favorisce la dimensione sensibile e quindi l’apprezzamento estetico, evidente per esempio nella poesia, rendendo letteralmente sonora la musica del verso, come testimonia la recente fortuna delle letture pubbliche della Divina Commedia e di altri classici.

La stessa qualità spettacolare del teatro, di esplicita partecipazione comunitaria, è massima nel teatro più primitivo e rituale, detto appunto “teatro di spettacolo” (rituali, processioni, balletti, opera lirica, concerti rock, manifestazioni politiche), di cui il “teatro di parola”, come la tragedia, è già una forma attenuata. La riflessione filosofica, la logica matematica, la meditazione sapienziale, l’introspezione religiosa, l’analisi psicoanalitica, sembrano tutte potenziate dalla lettura mentale, anche se tutte queste pratiche intellettuali hanno un’origine dialogica, come simposio e discussione orale quelle antiche, come confessione quelle cristiane, e in forma di rapporto tra paziente e analista quelle più recenti.

La lettura, in quanto metodo operativo per l’accesso all’informazione e al sapere, è una tecnica che da secoli ha regolato la vita pratica degli uomini, ma la lettura letteraria è un’attività diversa, quasi separata dalla vita pratica, appunto perché è un’uscita temporanea dalla realtà per entrare nei mondi possibili della finzione. Il viaggio fantastico che la letteratura permette è la forma originaria di tutte le avventure contemporanee nella realtà virtuale.

Ciò mette in evidenza che la letteratura si presenta contemporaneamente come testo concreto e come mondo immaginario. Quest’ultimo nasce dal testo linguistico per via di comprensione collaborativa e critica dei molteplici piani di senso che il testo organizza con mezzi semantici, retorici, figurali ed estetici. Dalla parola alla frase, al periodo, al capitolo, all’opera, tutti emergenti dalla matrice testuale, il lettore decifra, associa, seziona, ripartisce, completa. E poiché comprendere significa compendiare in uno schema, la polisemia dell’opera affiora gradualmente da una serie di schemi concentrici che, per via di astrazione, inglobano e trasformano la lettera del testo in una summa significativa, effervescente ed energica come una forza, eppure delineata in un profilo come una forma.

A partire dai quattro sensi dell’esegesi cristiana delle Scritture, in cui il significato letterale, rimanda a quello allegorico (passato mitico), a quello morale (presente politico) e infine a quello anagogico (futuro utopico), la lettura interpretativa e critica (cioè la discussione e il commento) consiste nel passaggio dal testo al mondo immaginario, e poi ancora il passaggio dall’immaginario alla realtà, alla quale infine il lettore ritorna recando con sé un bottino di natura e valore imprecisati e variabili.

Tutto ciò implica la costruzione e l’attraversamento di una varietà di livelli e di soglie che dal punto di vista metodologico corre parallela alla storia dell’ermeneutica, ma che, per la qualità particolare e voluttuaria della letteratura, si orienta tra due finalità principali: distrazione e istruzione, il bello e l’utile, il piacere, fino al vizio, e l’emancipazione sociale o spirituale, con le stigmate della virtù.

La lettura voluttuaria come vizio è connessa al fatto che chi legge si allontana dalla realtà, evade dal mondo e si avventura pericolosamente nell’immaginario, trascurando eventualmente compiti e doveri. Il pericolo di perdersi nell’immaginazione è deriso talvolta dalla letteratura stessa, come testimoniano Don Chisciotte (1605-15), Northanger Abbey (1803, pubblicata postuma nel 1818), Madame Bovary (1857). Ma anche la maggior parte del lavoro moderno consiste sostanzialmente nel ricevere e leggere messaggi cartacei e telematici, decifrarne la portata informativa ed elaborare una reazione o risposta da rispedire con gli stessi mezzi.

Tra la lettura per divertimento e la lettura per lavoro si pone la lettura per lo studio, che comprende testi letterari e non letterari. In questa fase anche la lettura letteraria, sebbene concepita come distrazione, è usata per uno scopo pratico di apprendimento, non è più volontaria e quindi diviene spesso faticosa come un lavoro. Poiché una parte sempre più rilevante della popolazione smette di leggere opere letterarie dopo la scuola e trova le sue distrazioni nella comunicazione audiovisiva, la lettura letteraria tende a diventare un’attività di élite, o per gli addetti ai lavori della letteratura stessa, più o meno come si è verificato per la poesia.

 

In addition to the achievement-standard issue, the state’s appeal also questions whether lower federal courts exceeded their authority by granting salary increases to https://writepaper4me.com almost all district employees as part of the desegregation effort