Altri prefissi: multi, inter, trans, poli, meta, bi.

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Emporio Porpora, Pre-tending 2, 2012

Proseguiamo la riflessione sui prefissi per scoprire qualche indizio sugli interessi culturali emergenti, anche in relazione al mutare dei problemi, nel volgere dal recente passato alla condizione planetaria contemporanea.

Multi, inter e trans, per esempio, sono ora impiegati con notevole frequenza in connessione al cosiddetto “culturalismo”, che è a sua volta un neologismo. Il contatto tra le culture trova così varie modulazioni definitorie.

Quando si istituiscono dei collegamenti tra una cultura e l’altra abbiamo il transculturalismo. Qui il prefisso trans non si riferisce al passaggio da uno statuto ontologico all’altro, come negli esempi  precedenti: transessuale, transgenico. Si riferisce invece a fenomeni comuni a più culture e nazioni, che però restano sostanzialmente separate: transnazionale. Transessuale e transgenico peraltro sono il risultato dell’apertura di nuove aree d’intervento umano, precedentemente inconcepibili.

A differenza di neo e post, che hanno a che fare col tempo e con la storia, mentre super e iper denotano quantità o intensità, trans e inter hanno a che fare con lo spazio e quindi con la geografia. Multi infine coniuga sia la quantità di iper, in multimedialità, sia la varietà geografica di inter, in multiculturalità.

Restando sulla geografia, quando le relazioni si configurano con una maggior stabilità e interdipendenza, seppure relativa, l’interculturalismo diventa il neologismo appropriato. D’altro lato il termine usuale che accoglieva intorno ad uno stesso interesse più nazioni, o le collegava lungo lo stesso percorso, senza per questo abolire le frontiere, ma semplicemente permettendo di oltrepassarle, è internazionale. L’idea di “interno”, nell’internazionalità, implica uno spazio aggregato di più interni diversi, che sono appunto le nazioni.

Solo nell'”Internazionale” come inno proletario e come consesso di partiti socialisti e comunisti, era prefigurata l’idea utopica di  un unica comunità, dove la base economica ugualitaria sarebbe stata sufficiente ad omogeneizzare i connotati etnici e culturali. L’interculturalismo oggi si propone con ambizioni meno integraliste e più pragmatiche, ed è però significativo che nel passaggio da internazionale a interculturale, si è persa la nazione e, sulla spinta di una diffusa consapevolezza antropologica, è affiorata la cultura.

Il multiculturalismo denota la presenza costitutiva di più culture nella composizione di una società, e a questo punto la coesistenza,  più o meno pacifica o conflittuale, appare raggiunta, non sulla base della fusione dei vari apporti in una cultura nuova, bensì nella tolleranza di diversità che vogliono mantenere la propria identità relativa, e a prescindere da dimensioni maggioritarie o minoritarie. Gli Stati Uniti ad esempio sono passati da un’ideale di crogiuolo etnico (melting pot) ad una visione multiculturale della propria identità nazionale, unificata dal punto di vista dei diritti civili e non da un’appartenenza etnica, territoriale, linguistica e religiosa dominante.

Apparentemente simile a multi è il più antico poli, che in policentrico e polisemia,  mette in evidenza un mutamento o uno spostamento strategico della collocazione di un valore o di un’attività, da un unico punto a più punti o luoghi, laddove al contrario il processo inverso è rilevabile in poliambulatoriale, che riunisce invece di separare le attività terapeutiche. In ogni caso si tratta però di una ridistribuzione delle posizioni in uno spazio reale o ipotetico. Nella stessa prospettiva, rispetto al più ricco poli, bi appare una semplice moltiplicazione o divisione per due. Per dividere: logica bipolare, per unire: logica bipartisan, sebbene in questo caso si ricorra ad un prestito dall’inglese.

Il policentrismo è anche la base della visione epistemologica contemporanea in consonanza con la distribuzione democratica e federale del potere e la concezione nodale e reticolare delle fonti dell’informazione, su cui si modellano tutti i tipi di circolazione: delle merci, dei capitali, dei flussi migratori. Tuttavia il prefisso che specificamente incarna l’atteggiamento epistemologico della contemporaneità è meta.

Meta può essere premesso a quasi tutto, ma di solito è premesso agli strumenti della conoscenza e della comunicazione: metalinguistico, metaletterario, metacomunicativo. Esibisce così una nuova funzionalità rispetto ai suoi impieghi ormai inavvertiti, da “prefisso morto”, come in metafisico, metaforico.

Meta opera da prefisso gestionale, che si ritrae dagli argomenti specifici di una materia  per trasporre la loro considerazione su un piano superiore, per meglio osservare i problemi che sorgono dal funzionamento di un ambito cognitivo nelle sue trasformazioni complessive. La sua frequenza rispecchia l’accresciuta consapevolezza metodologica che permea tutte le discipline. Queste infatti non si accontentano più di studiare il loro oggetto determinato, ma si preoccupano di riflettere, spesso in modo incrociato e interdisciplinare, sulla logica e la politica dei loro statuti procedurali. Meta perciò indica sempre uno spostamento dalla pratica alla teoria, o a una commistione di entrambe.

Leonardo Terzo