Neo-monumentalità come valore

Uppo Nedane, A Midsummer Mouth’s Dream, 2011

L’arte nasce nella preistoria come rito di propiziazione, quindi è intrinsecamente comunitaria e prelude alla monumentalità architettonica, la quale a sua volta ha come committente la tribù (Stonehenge).

L’architettura è sempre commissionata dal potere statale o anche solo finanziario e aristocratico. Può essere meno monumentale e celebrativa e più utilitaria come l’edilizia popolare e l’architettura borghese abitativa. Le collezioni scultoree e pittoriche dalla decorazione dei palazzi pubblici diventano quadrerie degli aristocratici seppure private.

L’artista coltiva sempre di più l’individualismo e non vanta più la scuola del maestro. Nasce l’avanguardia e la tendenza all’arte pura, cioè autocelebrativa, non più predicativa di valori sociali eteronomi. L’arte eteronoma diventa arte applicata e artigianato, design, moda, stile di vita, e ora videogioco.

Poi si ritorna ad una monumentalità esterna alla cornice per dimensioni (Land Art, Giardinaggio, Installazioni). La committenza del mercato alto, ovvero ricco, si unisce all’avanguardia (Cattelan), mentre la politica cerca una monumentalità di ritorno, traccia autocelebrativa degli enti, dei comuni e delle province.

Gli artisti contemporanei inseguono le grandi dimensioni, come se la dimensione fosse indizio di valore. In effetti una grande opera costa molto anche se è solo una raccolta di rifiuti (Pistoletto), e quindi si fa solo se le è garantito dalla critica istituzionale il recupero delle spese. Un tempo anche i veri artisti, come Burri, raggiungevano la monumentalità solo a fine carriera, a fama acquisita.

Perciò la video-art è ormai fuori tendenza, perché le sue opere costano relativamente poco, e con scarsi ritorni garantiti. Invece il teschio di diamanti di Damien Hirst ha un valore determinato per lo meno dal costo venale dei materiali. Le installazioni escono dalle cornici, scimmiottano l’architettura, cercano l’interazione delle arti applicate, fino alla fruizione come consumo immediato (l’arte che si mangia di Sonija Alhäuser), o l’azione performativa, ripetibile, ma in realtà irripetibile per identità.

La mia previsione è che si creerà una divisione conflittuale tra la monumentalità, sostenuta dai collezionisti speculativi e dagli enti politicanti, e le applicazioni elettroniche, sostenute dalla massa degli smart people. Auspico una creatività più sofisticata e meno figurativa nella tematica delle applicazioni, per ora ancora legate alle formule dei riflessi condizionati.

Leonardo Terzo

 

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