C. C., The Pink Rabbit Deconstructed, 2001
Quella particolare forma di attività umana che viene denominata arte e pone capo a degli oggetti di conseguenza detti artistici, nell’ultimo mezzo secolo e anche prima, non viene individuata per qualche caratteristica interna o intrinseca (inventività formale o semantica), ma per una ragione estrinseca, per così dire “deittica”, dall’esterno. È arte ciò che viene proposto e indicato come tale in un ambito sociale o comunità, più o meno estesa, al limite di una sola persona.
Questa indicazione è apparentemente arbitraria (vedi per esempio “Quadrato bianco su fondo bianco” di Malevic, 1878-1935), ma in realtà nulla di ciò che accade in una società è casuale, e di volta in volta l’attività e gli oggetti che vengono scelti e indicati (questo vuol dire il termine “deissi”) come artistici, lo sono per delle ragioni storiche e culturali che in quel momento appaiono necessarie e significative, anche se di solito in modo non immediatamente chiaro.
Ma se l’indicazione viene dal di fuori, e in un primo tempo può apparire arbitraria, il fatto di indicare un’attività o un oggetto qualsiasi come arte provoca immediatamente la necessità di vedere, interpretare e capire quell’oggetto, considerando il suo modo di essere e i suoi aspetti in relazione interna tra loro. Nel momento in cui un oggetto viene denominato arte, viene di necessità osservato in termini di autoriflessività intrinseca.
Perciò, se la deissi è estrinseca, la fruizione è intrinseca. Mentre la produzione si fa con motivazioni che vengono dal di fuori, il consumo si può fare solo con motivazioni reperibili dal di dentro.
Leonardo Terzo