L’età della tecnica e la filosofia di Benjamin

Eppur si regge

Leonardo Terzo, After Klee, 2013

  1. 2. 4. L’età della tecnica e la filosofia di Benjamin

In genere i sostenitori dell’arte di massa partono dalla premessa che ogni epoca ha il suo tipo di arte, adeguata alle condizioni storiche, e quindi l’arte delle masse è comprensibile solo se considerata con criteri diversi da quelli adottati nelle epoche precedenti. Questa premessa “storicistica” per Benjamin si riferisce infatti al materialismo storico. Perciò le forme di arte tecnico-meccaniche sono significative dell’emergere di una nuova coscienza sociale che è quella proletaria, così come la comunicazione e l’arte elettronica, discussa da McLuhan e caratterizzata dalla televisione e dalle nuove tecnologie, segnerà l’epoca della globalizzazione.

Il materialismo storico vede la Storia determinata dai rapporti di produzione economica sulla base delle risorse materiali disponibili. Ciò costituisce la struttura, sulla quale si elaborerebbe poi la sovrastruttura, comprendente valori, credenze, leggi, organizzazione sociale e quindi la coscienza, la cultura e le arti. Da qui il determinismo tecnologico di Benjamin. Per esempio il feudalesimo era basato su un intenso impiego della forza lavoro fondamentalmente agricola, difesa e dipendente dall’aristocrazia guerriera, in un’organizzazione sociale giustificata gerarchicamente dalla sovrastruttura culturale fornita dalla religione, a sua volta elaborata dalla classe intellettuale del clero. Lo sviluppo tecnico industriale fa emergere poi il potere di una nuova classe, mercantile e manifatturiera, che gradualmente evolve in potere finanziario, modifica la cultura religiosa a proprio vantaggio, e sostiene l’aristocrazia militare, finanziandone le guerre.

In questi schemi si inserisce il paradigma di Benjamin per cui lo sviluppo tecnico scientifico determina l’organizzazione dei nuovi rapporti di produzione. A livello sovrastrutturale questi favoriscono le nuove arti: stampa, radio, fotografia, cinema, caratterizzate dalla riproducibilità, e adatte quindi ad essere fruite nei modi e in quantità sufficienti per le masse proletarie di cui formano e interpretano i nuovi bisogni culturali. Questi bisogni sono: praticità, variabilità e frammentarietà, vicinanza e confidenza, rapidità e sensazionalismo. Non è chiaro se per Benjamin questo modo di vedere il mondo attraverso i nuovi strumenti e le nuove arti favorisca l’atteggiamento critico delle masse o ne atrofizzi la capacità di lotta sociale. A mio parere dipende dall’uso che se ne fa, ma è certo che nella prima metà del Novecento i nuovi mezzi sono stati ampiamente e meglio utilizzati dal fascismo e dal nazismo. Il film di Woody Allen, La rosa purpurea del Cairo, pone appunto in dilemma se sia meglio vivere nel mondo immaginario e consolatorio del film o affrontare quello difficile e doloroso della realtà, nel periodo della grande crisi del 1929.

La reale o contraddittoria intuizione di Benjamin relativamente ai modi di fruizione delle nuove tecniche di produzione e delle nuove arti che ne derivano, come la fotografia e il cinema, è che comunque questi modi di fruizione sono diversi da quelli per così dire “auratici”, richiesti dalle arti tradizionali, fatti di concentrazione, contemplazione e kantiano “disinteresse”. I nuovi modi appaiono contraddittori perché combinano la possibilità di distrarsi endemicamente e poi di interessarsi di nuovo, perché i produttori e i registi, consapevoli di questa possibilità di distrazione, cercano di riattivare l’interesse del fruitore tramite gli artifici e gli shock del montaggio, o altre tecniche di fascinazione.

Noi infatti siamo ora in grado di vedere gli sviluppi di queste pratiche di attrazione dell’attenzione del fruitore distratto, che si sono sviluppate e si sviluppano nella pubblicità, nei videoclip, nella comunicazione ipertestuale del web. I nuovi mezzi sono diversi, ma accomunati da una fruizione senza aura tradizionale e dalla frammentarietà, sia della trasmissione che della percezione. Possiamo dire che l’influenza che Benjamin prevedeva sulla formazione della personalità molteplice dei contemporanei si esprime nell’aggettivo “multitasking”, molto in voga oggi, cioè la capacità di prestare attenzione a molteplici compiti contemporaneamente. In più, secondo Benjamin, l’assuefazione ai nuovi prodotti produce anche un nuovo modo di considerarli e criticarli, che la fruizione “auratica” non prevedeva. Questa nuova capacità di critica è invece negata da altri studiosi, come per esempio Adorno e Horkheimer; che vedono nella comunicazione di massa solo un modo per rendere passiva e acritica la fruizione. La posizione di Benjamin, favorevole ai nuovi mezzi, potrebbe assimilarsi ad un determinismo storico hegeliano, che vede comunque nel nuovo della Storia qualcosa di inevitabile, che per di più non può che essere a vantaggio della nuova classe in ascesa, cioè il proletariato.

Tuttavia Benjamin è consapevole che i primi a trarre vantaggio dai nuovi mezzi di comunicazione diffusa, perché riproducibile, sono stati il fascismo e il nazismo, ma lo spiega col fatto che la sovrastruttura della produzione culturale è stata separata e deviata dai fini della base economica strutturale, proprio per impedire il cambiamento della proprietà economica, e convogliarli invece nella guerra.

Il paradosso della Storia della prima metà del Novecento è un capovolgimento della prassi: i nuovi modi di produzione creano una sovrastruttura culturale che viene mistificata e ritorta contro il proletariato per impedirgli di prendere coscienza dei nuovi possibili rapporti di classe. Al proletariato viene concesso un protagonismo spettacolare, specchio del suo nuovo potenziale potere, per impedirgli di prendere il vero potere economico. Alla prova dei fatti la nuova capacità di penetrare  e criticare, che Benjamin attribuisce alle nuove tecniche di produzione artistica, fallisce il suo obiettivo perché il proletariato si accontenta dello specchio spettacolare del potere, offerto dal cinema, invece del potere reale. I critici dei nuovi mezzi, come Adorno, sembrano aver ragione nel vedere nei nuovi mezzi uno strumento dello sfruttamento e del nazismo, ma sia Benjamin che Adorno hanno torto nel vedere un rapporto deterministico tra la natura dei mezzi di propaganda e il loro uso, perché i mezzi sono appunto mezzi e possono essere usati per fini politici opposti.

Le arti sembrano anticipare la comprensione del mondo, invece sono segnali tardivi di un mondo dove i cambiamenti strutturali sono già avvenuti. La classe lavoratrice, che secondo Benjamin avrebbe dovuto emergere in seguito a tali cambiamenti, continua a rimanere spossessata del vero potere. In termini di quel settore della sovrastruttura che sono le arti, la trasformazione dell’aura tradizionale ha creato un’aura di massa, che prima si è materializzata nel feticismo delle merci nell’ideologia del consumismo, e poi come società dello spettacolo, dove le masse dei paesi cosiddetti avanzati si specchiano nell’auto-rappresentazione sintetizzata dal quarto d’ora di celebrità per tutti e dai reality show.

La globalizzazione e il web sono un ulteriore avanzamento che crea un mondo nuovo dove, sebbene coi nuovi mezzi, i pochi hanno ancora la facoltà di dominare i molti, perché i mezzi di produzione, sempre più sofisticati, sono manovrati con più facilità ed efficacia da chi li detiene. Sebbene gli effetti di questi sviluppi siano sempre in qualche modo imprevedibili, per ora essi hanno ampliato enormemente il divario tra ricchi, sempre più protetti e arroccati nei loro fortini tecnologici, e poveri, esposti invece agli tsunami demografici che hanno abolito le barriere tra popoli sottosviluppati e il resto del mondo. Il che va temporaneamente benissimo per l’algerino che riesce a mangiare anche se è sfruttato in nero, mentre a casa sua sarebbe morto, ma il suo sfruttamento facilita anche quello degli europei disoccupati, anche se riescono a mangiare alla mensa della Caritas.

Come categoria incantatoria, l’aura diventa prima culto della bellezza, poi feticismo delle merci, poi spettacolare specchio di Narciso per le masse, poi magia ipertestuale del web, dove il singolo si sperde e le comunità si sfaldano nei meandri della comunicazione coatta e sorvegliata. Anche qui abbiamo iniziative di gruppi che cercano di farne un uso democratico, e il conflitto è in corso.