Postmodernità e Zeitgeist 11

coll-b08

Leonardo Terzo, Mod or Post-Mod 2, 1999.

Alcuni interpreti della storia culturale contemporanea sostengono che il modernismo non avrebbe inciso criticamente nel rapporto tra arte e realtà, perciò il postmodernismo ha semplicemente accettato questo fatto, e ha portato alla luce quel fallimento pragmatico e politico, trasformandolo in qualcosa di positivo, per lo meno come chiarimento e presa di coscienza.

Il più citato in questa funzione sarebbe Il piacere del testo di Roland Barthes. La giustificazione di tale cambiamento è che il mercato si è appropriato di ogni azione estetica o para-estetica, incorporandola nella vita quotidiana, dalla moda alla pubblicità, dalla nuova cucina al packaging, cioè all’arte degli imballaggi, completando la mercificazione dell’estetica con l’esteticizzazione della merce.

La critica del mondo diventa gioco, euforia e jouissance, edonismo reaganiano, parente nobilitato della cultura di massa. Segue infatti “la morte dell’autore”, conseguenza inevitabile del soggetto debole. Debolezza condivisa, come si sa, anche dal pensiero.

La forza del soggetto è nozione dell’individualismo borghese che emerge alla fine del feudalesimo, poi diventa introversione romantica, ombra dolorosa del “padrone delle ferriere”, che nel frattempo è riuscito invece a farsi legittimare persino da una moglie aristocratica come simbolo della conquista del potere.

Ma la soggettività sbiadisce presto nelle pieghe anonime della finanza e dei paradisi fiscali, contemporaneamente minata nel “discorso” dalle strutture profonde che reggono il testo. Quindi dallo strutturalismo stesso, anche se la cosa verrà imputata poi solo al post-strutturalismo. Post-strutturalismo e post-modernismo vengono infatti spesso accomunati e confusi, non si sa quanto a torto o a ragione.

Infine i sostenitori di un postmodernismo in qualche misura impegnato e meno edonista trovano un’alternativa produttiva oltre l’estetica, in quella pluralità evenemenziale costituita dalle dimensioni storico-sociologiche coeve, quali il femminismo, l’ecologia, e quello che era chiamato terzomondismo, e che ora si è trasformato in una problematica difficile e non solo per niente estetica, bensì drammaticamente divisiva, tra crisi economica e razzismo.