di Leonardo Terzo
L’occasione di una mostra all’Hangar Bicocca di Milano induce una riflessione sul fatto che l’arte contemporanea adotta tratti originati nel ready made in più aspetti, che peraltro a mio parere annacquano o perdono le motivazioni critiche e satiriche del ready made autentico.
Alcuni di questi aspetti sono:
– l’importazione nell’ambito dell’opera (testo, installazione, performance) di ogni tipo di materiale o oggetto comune o non comune
– la riduzione dell’invenzione e dell’originalità a piccola trovata, sorpresa, scherzetto, barzelletta
– la perdita della carica propriamente satirica del ready made a vantaggio di un presunto significato referenziale più o meno protestatario
– l’eliminazione di ogni impegnativa elaborazione dei materiali impiegati, oltre la scelta e il posizionamento
– la prevalenza dello spazio e del luogo dell’esposizione, un tempo cornice, rispetto all’interno estetico stesso
– confusione del valore dell’opera con le sue dimensioni materiali, per cui si tende alla monumentalità
– impoverimento dello spettro semantico della significazione, corrispettivo peraltro della ridotta durata della fruizione e fruibilità del costrutto, subito disinstallato o abbandonato anche perché facilmente riproducibile e reiterabile.
Si può tracciare un itinerario secolare dall’iconografia mitica (classici e neoclassici), religiosa (medievale e rinascimentale) e poi borghese (dei ritratti e dei paesaggi) alla scomposizione modernista della figura fino all’informale. La contemporaneità ha recuperato un’iconografia aperta, che ha imitato prima le tecniche meccaniche della riproducibilità e della comunicazione (Warhol et al.) poi l’ingenuità neoprimitiva dei graffitari (Basquiat et al.) e infine l’episodicità contingente della cronaca sociale, politica, o puramente casuale, con ogni tipo di cose, meglio se di grandi dimensioni.
Vedi appunto gli autobus ATM di Wilfredo Prieto esposti all’Hangar Bicocca di Milano fino al 2 settembre 2012. Sono autobus della linea 90 che noi milanesi prendiamo o per lo meno vediamo tutti i giorni, sulla circonvallazione esterna. Messi nell’Hangar, un po’ piegati come se fossero in curva, diventano un’opera d’arte, secondo alcuni interpreti perché molto frequentati dagli extracomunitari, e questo basta.
Proprio perché li prendo o li vedo tutti i giorni, non capisco perché dovrei andarli a vedere come nuovo mastodontico ready made un secolo dopo Duchamp. Dopo il 2 settembre che fine faranno quegli autobus? Torneranno sulla circonvallazione esterna? Potrebbe capitarmi di salirci come passeggero come al solito? Ne sarò reso consapevole, magari avvertito da una targa o lapide? Staremo a vedere.