Che cos’è la letteratura 8. Pragmatica e mediazione simbolica.

Leonardo Terzo, This Is My Substitute for Pistol and Ball, 2007

La letteratura, integrata o autonoma dagli altri saperi, porta comunque a maggiore evidenza l’inevitabile fluidità delle forme di conoscenza, che è mestiere e compito dell’intellettuale di modellare e articolare.

Ciò avviene in termini che risultano immaginari, teorici, ambigui e astratti, a fronte di elementi più concreti, quali per esempio la forza materiale e il potere economico. Per cui dal sacro al profano la produzione delle idee è soggetta per sua natura a dividersi o a barcamenarsi tra utile e dilettevole, tra ideologia e utopia, tra novel (romanzo realistico)  e romance (romanzo fantastico), tra alto e basso, tra il funzionario di corte (il Machiavelli che scrive Il Principe, 1513) e il buffone (il Machiavelli autore comico che scrive La mandragola, 1518).

L’autonomia estetica non preclude l’aspirazione a incidere sulla realtà, per esempio nel teatro di Brecht, ma deve tener conto e avvalersi della posizione “rimossa” in cui l’arte opera; rimossa per esempio dall’immediato pragmatico dei decreti legge, a loro volta soggetti comunque a interpretazione giurisprudenziale nella loro applicazione. Le istituzioni del sapere, siano le norme del diritto o testi letterari, pur nella diversa incidenza pragmatica, hanno una proprietà comune: si contrappongono, per natura di mediazione intellettuale, all’esercizio diretto della forza e del potere. L’ambiguità letteraria o la polisemia del testo poetico rinviano allora, come propria specificità, alla meditazione e mediazione interpretativa, che diviene così esemplare moratoria allo scarico immediato delle pulsioni, di tutti i tipi: aggressive, fagocitative, erotiche, ablative, prodighe o suicide che siano. Come dice Ishmael all’inizio di Moby Dick: “This is my substitute for pistol and ball”.

L’autoriflessività del linguaggio estetico diventa così esemplarmente: “sollecitazione a riflettere” sull’inevitabile arbitrarietà che collega il linguaggio al mondo, e quindi tiene a sua volta separato o “rimosso” il linguaggio dal mondo. E tuttavia questo iato non deve rimanere vuoto, deve essere occupato dal disegno di compiti pratici o ideali, ma comunque storicamente umani, e non ontologizzato come muta allusione all’indicibilità. L’indicibile è il non detto, non è letteratura.

Infatti la mediazione interpretativa che induce a riflettere, propria delle forme culturali, a sua volta si articola in vari gradi di prossimità e rilevanza rispetto al potere reale. Nel Settecento e nell’Ottocento, in Inghilterra, l‘ambito d’accesso al confronto delle idee si differenzia come sfera propriamente politica, sfera pubblica e sfera privata. La sfera politica è riservata agli uomini e ai politici di professione, la sfera pubblica prevalentemente agli uomini della società civile, e la sfera privata prevalentemente alle donne. La manifestazione di nuove esigenze e il passaggio delle idee tra i vari gradi di elaborazione culturale e applicazione pratica avviene di volta in volta con successive mediazioni, ed è in questi passaggi che la letteratura riesce a svolgere un compito di manifestazione e di orientamento.

Anche nell’ambito della letteratura stessa questa divisione si riflette peraltro in due trame archetipiche: quella “maschile”, che ha per protagonista l’eroe alla conquista del potere (a partire dal cavaliere che sconfigge il drago e conquista la principessa, simbolo del regno); e quella “femminile”, che ha per protagonista l’eroina che impone all’uomo un tipo di rapporto più civile e rispettoso dei diritti della donna (da Cenerentola a Pride and Prejudice).  Da un lato perciò sembra che la letteratura possa servire alla sfera privata per fare emergere solo una serie di problemi, ancora relativamente confinati ad un preciso ambito di valori: la solidarietà familiare rispetto alla competitività del mercato, l’amministrazione della casa rispetto al lavoro produttivo dell’imprenditore; l’erotismo rispetto all’avventura; l’espressione del sentimento e la soggezione alla passione rispetto all’esercizio della ragione e della volontà. Ma dal mondo domestico emergono comunque esigenze che, attraverso la nuova narrativa realistica, trapassano nella sfera pubblica e quindi all’attenzione politica come possibili forme di nuova educazione sentimentale e civile, e quindi di implicita o esplicita regolazione normativa, come The Matrimonial Causes Act e The Married Women’s Property Act, discussi e approvati tra il 1850 e il 1870.

Nella società consumistica del ‘900, l’intrinseca predisposizione riflessiva della letteratura ha ceduto il passo ai mass media e il lento trapasso delle esigenze culturali e politiche da una sfera all’altra di discussione ha acquistato un’accelerazione parossistica. Così, fraintendendo o mistificando uno dei princìpi delle rivendicazioni femministe per cui “il personale è politico”, l’ideologia dei consumi riversa nella società dello spettacolo impudico e dilagante ogni residuo di intimità personale, non più per fini di rivendicazione ed emancipazione civile, ma per mettere liberamente sul mercato ogni tratto di personalità, ridotta per lo più a mera politica di socializzazione del corpo. Non è più quindi il personale che è politico, ma è la politica che si personalizza riducendosi a soddisfazione di interessi personali.

Prima di ciò tuttavia, la mediazione della parola è stata osservata con sospetto da altre posizioni, che non vedono in essa un’occasione di moratoria riflessiva alla brutalità materiale, bensì lo strumento complice dell’inevitabile pervasività del potere. In questa prospettiva anche la parola letteraria sarebbe soprattutto inevitabilmente una forza repressiva. In questo senso, come vedremo, essa si articola nel cosiddetto “discorso”. (Continua)

 

Voters in arizona, california, colorado, oklahoma, and oregon, meanwhile, rejected a variety of state measures that would have see site had implications for education spending, whether by helping to increase aid or by leading to possible reductions