Che cos’è la letteratura 13. La “Storia della letteratura”.

Emporio Porpora, History, 2010

La storia della letteratura è un altro aspetto della conoscenza letteraria che può essere affrontato secondo molteplici prospettive. Quella tradizionale consisteva nel mettere in collegamento i fatti della Storia generale, con le sue specifiche definizioni e periodizzazioni, a loro volta soggette alle trasformazioni della storiografia, con le opere letterarie pubblicate negli stessi periodi. La coesistenza temporale veniva ritenuta un motivo sufficiente per supporre una corrispondenza tra le due serie di elementi, e per lo più le categorie di riferimento erano quelle della storia generale: l’antichità, il medioevo, l’evo moderno e quello contemporaneo, con le varie suddivisioni interne di tipo geografico, nazionali e continentali, a cui venivano assegnate le letterature delle varie lingue, con le eventuali influenze e interferenze.

Per esigenze di classificazione stessa, la storia di entrambe le materie era fatta di entità e definizioni almeno nominalisticamente stabili: per esempio il Rinascimento, l’Illuminismo, il Romanticismo, che si sovrapponevano, più o meno in cifre tonde, ai secoli, alle scoperte geografiche, alle grandi occorrenze belliche. Queste definizioni e periodizzazioni sono perciò imprecise, ma chi le usa lo sa, ne tiene conto e non vengono invalidate per questo, e quando e se venissero invalidate e sostituite per dei buoni motivi, l’approssimazione del loro significato non sarebbe eliminata, ma solo ridotta o relativa a nuovi parametri. Restava inteso che la Storia era una disciplina più scientifica rispetto alle periodizzazioni e interpretazioni letterarie che ad essa andavano quindi riferite.

I vari periodi storici erano caratterizzati da un determinato “spirito del tempo” che collegava, interpretava e spiegava, in termini di ideali e di valori dominanti, i fenomeni culturali delle varie epoche. Prima ancora che Marx parlasse di rapporto tra la “struttura economica”  e la “sovrastruttura ideologica”, implicitamente la storia materiale (la presa del potere, le invasioni, le scoperte, le guerre, il predominio economico) era considerata determinante per capire il significato dei fenomeni culturali di un periodo. Anzi i fenomeni culturali, e la letteratura tra essi, erano visti come un modo di articolare in schemi intellettuali le condizioni di vita materiale delle comunità.

Se il principio di fondo era giusto, perché tutti i fenomeni di una data epoca compongono una sincronia epocale, seppure in evoluzione secondo dinamiche variabili a loro volta da indagare, ciò che rimaneva difficile da comprendere era il tipo di relazioni tra i vari fenomeni, che la coesistenza cronologica di per sé non poteva dimostrare e spiegare. Ne deriva che, al di fuori della sincronia cronologica, tutto il resto è aperto alle continue revisioni storiografiche già per quanto riguarda gli elementi che costituirebbero il motore o i motori della Storia: l’economia, le innovazioni scientifiche, i flussi demografici e quant’altri. Per esempio, tra le cause dell’attuale  aggressività dei paesi a religione islamica, si annovera la maggiore percentuale di popolazione in età giovanile rispetto ai paesi occidentali, cioè un elemento demografico. C’è persino una teoria per cui la decadenza dell’Impero Romano sarebbe stata provocata dal progressivo indebolimento delle popolazioni per avvelenamento da piombo, il piombo con cui erano fatte le tubazioni degli acquedotti romani, e questo sarebbe un elemento della “cultura materiale”.

Ad ogni modo, questa correlazione della letteratura con la Storia generale, a prescindere dal tipo di relazioni  tra le due entità e la maniera di giustificarle, può definirsi una storia letteraria di tipo “estrinseco”, in quanto storicizza le opere letterarie ponendole in relazione con i fenomeni non letterari. Un altro tipo di storia letteraria, definibile invece “intrinseco”, è quello che considera l’evoluzione delle forme, dei generi, delle convenzioni letterarie e il variare stesso dell’idea di letteratura nel tempo. I vari ordini di fenomeni che entrano di diritto in una storia letteraria comprensiva sono perciò molteplici e complessi. Nella direzione estrinseca essi riguardano: la Storia generale e i vari gradi di determinazione storiografica, e quindi la natura della storiografia stessa, in termini di storia delle idee, storia delle ideologie, storia delle scienze e il rapporto tra il mondo materiale e la coscienza individuale e collettiva dei popoli, a sua volta contaminato da metodologie sociologiche, paradigmi antropologici, modelli statistici. Tutto ciò va a sua volta messo in relazione alla storia intrinseca e specifica delle forme letterarie, in termini di lingue, linguaggi, temi, generi, poetiche, tradizioni, tecniche, fino agli artifici più minuti quali per esempio la rima, l’assonanza, la prolessi, l’agnizione e così via. È chiaro che si tratta di un’impresa infinita, e che le sintesi e le “invenzioni” della storiografia letteraria sono una necessità che porta un contributo di semplificazione e di architettura interpretativa. Ne deriva ancora una storia della letteratura come storia della critica, storia della ricezione, ecc. che sfumano e confluiscono nella sociologia della cultura e di nuovo nella Storia tout court.

In questo modo comunque la gerarchia tra i fenomeni della storia materiale e culturale estrinseca e quelli della storia intrinseca della letteratura è attenuata se non abolita, in quanto la letteratura entra di diritto a far parte dei fenomeni storici in grado di illuminare tutti gli altri, in modo circolare e reciproco, invece di esserne soltanto illuminata o peggio determinata. Per esempio, ricordando la funzione civile e pedagogica del canone, la letteratura italiana dell’800 ha dato il suo contributo di aspirazioni e di idee all’impresa risorgimentale, diffondendo tra le classi colte italiane gli ideali dell’unità, e dunque con effetti pragmatici sugli eventi della storia materiale.

Magari tuttavia sarebbe opportuno che la critica del neostoricismo, o del materialismo culturale, avesse più spesso la capacità di ammettere, come non sempre fa, che le sue analisi letterarie non sono interessate alla letteratura in primo luogo, ma sono usate come uno strumento per comprendere circostanze culturali più ampie dei testi letterari. Questo fa sì che l’enfasi neostoricista forse approfondisce per esempio la conoscenza del contesto culturale del Rinascimento inglese, ma non sempre sa poi utilizzare questi approfondimenti per interpretare plausibilmente le opere di Shakespeare, appunto perché Shakespeare è più spesso usato come pretesto illustrativo per altri interessi a cui l’interpretazione dei suoi drammi viene subordinata, e di conseguenza la sua opera è contemplata in una prospettiva obliqua e in posizione marginale.

Del resto se le pregevoli analisi del neostoricismo e del materialismo culturale illuminano in modo più raffinato particolari contingenze della Storia e della storia letteraria, da un punto di vista panoramico gli scenari in cui si collocano non appaiono affatto innovativi. Così, ovviamente, gli studi sul Rinascimento scoprono nientemeno che i rapporti col potere centralizzato delle corti, quelli sul ‘700 i rapporti con le nuove forze economiche del mercato, gli studi sul Romanticismo le conseguenze della Rivoluzione Francese, quelli sui Vittoriani gli effetti dell’industrializzazione e dell’imperialismo.

Le distinzioni del capitolo precedente, relative ad uno degli interessi tematici principali che si possono individuare nella letteratura occidentale moderna, ovvero la rappresentazione della soggettività e dei suoi problemi nella letteratura dal ‘700 al 2000, è una semplificazione che viene proposta come prospettiva entro la quale interpretare una serie di opere della narrativa europea e americana, per esempio: Tom Jones (1749) di Fielding, Tristram Shandy (1760-67) di Sterne, I dolori del giovane Werther (1774) di Goethe, il Rosso e il nero (1830) di Stendahl, I fratelli Karamazov (1878-80) di Dostoevskij, Alla ricerca del tempo perduto (1913-27) di Proust, Ulysses (1922) di Joyce, Il processo (1925) di Kafka. L’uomo senza qualità (1930-42) di Musil, Tropic of Cancer (1934) di Henry Miller, La cognizione del dolore (1963) di Gadda. L’esemplificazione potrebbe continuare, ma se la lettura empirica conferma che le modulazioni e le vicissitudini della soggettività possono davvero fungere da collegamento e criterio comparativo tra queste opere, si legittima questa ipotesi come una delle dinamiche evolutive nella storia letteraria della modernità.

Queste opere illustrano nello stesso tempo la funzione (attanziale) del mondo (o contesto mondano) come antagonista sociale cronotopico della soggettività, e anche questa è una prospettiva ermeneutica complementare alla prima e inseparabile da essa. Ciò permette di supporre che l’organicità postulata nella letterarietà si proietti, in un’economia di scala, oltre il testo, in una serie di testi,  fino all’intero sistema letterario. Come dice Frye, la letteratura non è un mucchio di opere, ma un ordine di parole. Quest’ordine di parole si è esteso nello spazio geografico e nel tempo storico, avvolti entrambi nella dimensione immaginaria che da sempre li precede e li segue.

L’intersecarsi della Storia generale e della storia della letteratura non implica che i contenuti della letteratura siano presi alla lettera come se non fossero finzioni, e viceversa non implica, come vorrebbe invece la teoria storiografica costruzionista, che la Storia sia a sua volta una finzione, perché si avvale di tecniche descrittive e narrative come la letteratura. L’autenticità delle ricostruzioni storiche non è misurabile dall’impiego dell’esposizione narrativa o dall’uso di costrutti linguistici e d’artifici retorici, bensì dalle prove documentarie e dalla plausibilità interpretativa dei documenti stessi. Che per esempio i Romani siano subentrati agli Etruschi e agli altri popoli italici mischiandosi con essi nel dominio dell’Italia, non è confutabile per il fatto che il nesso cronologico che si istituisce tra questi fatti è articolato in forma di racconto. Tale racconto ovviamente è una forma sintetica e in parte figurale per descrivere e definire unitariamente una quantità di processi più o meno pacifici o bellici, più o meno collegati nel tempo e sparsi nel territorio. Il semplice fatto che i popoli siano rappresentati come soggetti storici è un uso figurato di una realtà plurale e multiforme sintetizzata dal linguaggio sulla base di un’epistemologia storiografica che può essere messa in discussione. Ma questa dimensione sintetica, e quindi in parte metaforica del racconto storico, è accettabile secondo un patto fruitivo della comunicazione fra gli storici e i loro interlocutori, professionali o meno che siano, che non riduce la storia ad invenzione.

Analogamente sul fronte opposto, il modo in cui la letteratura offre la sua materia alla Storia generale è il fatto che gli interessi tematici e formali delle opere letterarie (per esempio la casistica etica del comportamento femminile nei romanzi di Samuel Richardson, persino i semplici titoli dei romanzi di Jane Austen, o le varie tecniche del punto di vista nel romanzo del primo ‘900) sono documenti, in quanto scelte consapevoli degli autori e dei lettori che evidenziano i modi in cui quegli interessi fossero in quel tempo presenti e sono stati in quei modi immaginati, compresi e vissuti. Infine gli eventi della storia letteraria possono entrare a far parte della storia generale anche propriamente come fatti, così che, per esempio, la trasformazione del canone in un determinato momento non può essere sottovalutata o trascurata come componente documentaria di un processo storico più ampio di cui quel mutamento del canone fa parte.

Infine sia i documenti storici a confronto tra di loro, che i testi letterari considerati come documenti storici, non hanno tutti la stessa forza probatoria. La documentazione che il modo di produzione dell’antichità fosse basato sulla schiavitù è più importante, per capire quel periodo storico, di un trattato sulla tecnica di guida delle bighe nelle corse al Circo Massimo. Egualmente le favole di Gozzi e le commedie di Goldoni, pur essendo contemporanee, hanno un valore documentario diverso per capire l’istituzione matrimoniale nella società del ‘700 nella Repubblica di Venezia, e un valore probatorio maggiore sia delle favole sia delle commedie avrebbero una serie di contratti matrimoniali reperiti negli archivi della Serenissima. Tutto ciò sembrerebbe ovvio, ma non lo è più se, in un manuale dei termini letterari, si leggono affermazioni come la seguente: “Both literary history and history per se deal with materials whose undeniable differences are less important than their shared status as verbal artifacts, a similarity that renders the methodology of the two disciplines essentially the same.” (Lee Patterson, “Literary History”, in Lentricchia & McLaughlin eds., Critical Terms for Literary Study, The University of Chicago Press,  1995)

La svolta antropologico-culturale  che lo studio della storia letteraria ha subìto dà luogo a due inconvenienti. In primo luogo fa sì che, talvolta, la gerarchia che un tempo imponeva deterministicamente il significato della storia alla letteratura rischi ora di capovolgersi, così che la storia materiale appaia determinata dai bisogni simbolici. In questo modo in teoria, data la circolarità degli elementi materiali e culturali, il modo di produzione fondato sulla schiavitù dell’antichità potrebbe essere spiegato dall’analisi testuale del manuale di guida delle bighe al Circo Massimo (testo ipotetico che non esiste in realtà). L’altro pericolo insito nella svolta antropologica è che questa disciplina parte anch’essa da un pregiudizio organicista, e infatti tutte le culture extraeuropee erano tradizionalmente studiate secondo una metodologia che tendeva a inglobare, assimilare e spiegare tutti i fenomeni in sistemazioni sincroniche, nelle quali il conflitto e il mutamento, se non erano espunti, non erano tuttavia rilevanti o riconoscibili all’interno del modello. Questo paradigma interpretativo è propriamente inadatto alla natura delle discipline storiche, compresa la storia letteraria, che, per statuto, si occupano del divenire.

Infine la storia letteraria ha peraltro una peculiarità che la distingue sostanzialmente dalla storia generale: ed è che mentre le civiltà dei popoli nascono, fioriscono, ma poi, per la natura del mutamento materiale, le varie fasi del loro divenire restano solo un reperto storico, appunto, del passato, la letteratura è un sistema organico che sopravvive agli uomini che l’hanno creata e la creano. I suoi monumenti possono modificare la loro funzione, ma sono sempre pienamente presenti nella loro integrità e rinnovano la loro funzionalità finché ci sono lettori. Non solo i grandi poemi omerici, ma anche un frammento qualsiasi di un poeta antico minore è attuale quanto la poesia contemporanea, perché svolge per noi la stessa funzione estetica, se riesce a farsi leggere con interesse. In questo modo capiamo cosa s’intende quando si dice che è nella natura del testo poetico di prestarsi a continue riattualizzazioni di senso.

 Leonardo Terzo

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