Cosa fa chi fotografa 2: fucilati e fotografati.

indexComune di Parigi, 1871, Fucilati e fotografati.

La riflessione deve capire fin dove opera lo strumento macchina, con modalità obbligate e necessarie, e se e fino a che punto l’uomo può mettere a frutto la propria arbitrarietà. Storicamente, la tecnica fotografica è parzialmente e progressivamente preceduta e anticipata da altre tecniche relative alla visione connessa alla rappresentazione pittorica. Infatti la prospettiva è di per sé una razionalizzazione della vista, e quindi atta alla creazione dell’immagine perfetta, che si pone nella stessa direttiva della meccanizzazione, cioè dello spirito progressivo della conoscenza.

Le tecniche della camera oscura e i suoi sviluppi, che, da Leonardo da Vinci in poi, sono stati utilizzati proprio dagli artisti in preparazione dei dipinti, ad un certo punto hanno usurpato la ritrattistica pittorica. Ma la funzione ausiliaria della camera oscura non era casuale, perché le arti stesse, come appunto la scultura e la pittura avevano principalmente uno scopo eteronomo, di rappresentazione documentaria o al massimo celebrativa. Soltanto la nozione di autonomia dell’arte e l’avvento della filosofia estetica a partire dal ‘700, delegano ad altri mezzi e in primo luogo alla fotografia il compito di documentare la realtà, evidenziando la più precisa percezione della macchina rispetto all’occhio umano e all’abilità pittorica.

Bisogna partire quindi dalla consapevolezza che il mondo è un campo ininterrotto di potenziali immagini, dove spetta all’artista fotografo comporre un’inquadratura. C’è sempre una soggettività del punto di vista scelto e la relatività della scelta stessa e del suo significato, visto che potrebbe essere sostituito da tanti altri significati, egualmente veri, ma tutti necessari o non necessari. Chiedendosi però sempre: necessari per cosa? Quale fra gli innumerevoli istanti è quello significativo e perché?

È questo infatti il problema conseguente alla disponibilità totale, ma anche alla necessità di ricostruire delle gerarchie tra ciò che si ritiene fotogenico e no. Cosa che si ripete nell’arte contemporanea quando i valori sono arbitrari e ciò che è fuori dal quadro, il sociale, non impone le sue gerarchie. La prospettiva, razionalizzando la visione dello spazio, pone nella fisica e nella matematica, o nella scienza in generale, i criteri di scelta di ciò di cui occuparci rappresentandolo nel quadro e poi nella fotografia, in contrapposizione alla gerarchia dei valori che, proprio non rispettando la prospettiva corretta, poneva in primo piano i personaggi più importanti. 

Come vedremo più precisamente in seguito, in una ricognizione storica dei criteri di rappresentazione nelle arti, ora denominati “regimi scopici”, per esempio, opposto alla prospettiva che implica la visione larga, c’è il dettaglio, che implica la visione stretta e ravvicinata: lo scopo, si può supporre, è ridurre la distanza con lo spettatore grazie a un tipo di inquadratura che lo coinvolge, Qui le parole chiave possono essere: immediatezza, frammentarietà o relatività dell’esperienza visiva fondata su quella della vita quotidiana.

La fotografia ha progredito tecnicamente, ma ciò che forse non ha progredito e dovrebbe farlo è la teoria critica, sia per il grande pubblico sia per i fotografi stessi, relativa sia alle arti sia all’artigianato e alle arti applicate, fra cui quindi anche la fotografia. È invece vero che le arti, e in primo luogo la pittura, sono state influenzate dalla fotografia, come la narrativa del ‘900, si sa, è stata influenzata dal cinema, in particolare dalle tecniche del montaggio. Ma questo succede inevitabilmente per qualsiasi altro mutamento della civiltà e della Storia, non solo tecnica. Per esempio gli aerei e i satelliti permettono la ripresa dall’alto, come del resto il telescopio è il progenitore dello zoom.

La concorrenza tra pittura e fotografia non è necessaria, fintanto che condividono un intento realistico. Per esempio Leonardo da Vinci disegnava le opere idrauliche dei Navigli a Milano, ma le arti possono prescindere dal realismo. Caso mai è da capire che metodi usa la fotografia quando crede di allontanarsi dal realismo, cosa di fatto difficile se non impossibile per essa. Infatti se si ricorre alla manipolazione, al montaggio o al Photoshop siamo oltre la fotografia propria, e ci si avvicina al collage e al disegno, oltre ai falsi.

Di fatto però storicamente queste modifiche, che spesso erano proprio dei falsi, oltre che abbellire i ritratti delle persone avevano uno scopo di divertimento, oppure erano intesi a rendere più appetibili le notizie (quello che ora si chiama rendere “notiziabili” i fatti di cronaca) o la pubblicità, o avevano un intento politico. Il più delle volte i ritratti di personaggi politici venivano modificati facendo sparire dalla fotografia quelli caduti in disgrazia, per cui dopo essere stati imprigionati o eliminati fisicamente venivano cancellati anche dalle foto in cui erano stati ritratti insieme ai capi. Per esempio Maroni potrebbe togliere l’immagine di Bossi dai ritratti ufficiali della Lega, o viceversa se Bossi riprende il comando.

Naturalmente si può attribuire ad una fotografia un intento artistico e significativo qualsiasi, deducendolo dagli aspetti, pur sempre reali però, che il fotografo seleziona tra tutti quelli che il continuum del mondo presenta. Gli elementi base che contribuiscono all’immagine fotografica sono l’inquadratura, la luce e il fuoco, concentrati nell’istante. Oltre questo però nessuno sa dire cos’è lo specifico fotografico. I sostenitori della creatività del fotografo ritengono che una scelta di focale, di angolazione, di sensibilità della pellicola modifichi l’immagine prodotta e gli effetti di questa sul fruitore, sottolineando determinati aspetti e tralasciandone altri in vista di un obiettivo da raggiungere.

Parallelamente ai due poli in cui si dibattono tutti i commentatori della tecnica fotografica cioè realismo e non-realismo, alcuni fraintendimenti partono dall’errore di credere che si possa scegliere tra “pittorialismo” e un tipo di fotografia che invece seguirebbe il suo specifico, come già detto molto imprecisato. Invece anche il pittorialismo è una parte dello specifico, perché non può uscire dall’essere una ripresa tecnica come ogni altra. Pittorialismo significa cercare di imitare le scelte di poetica della pittura, che sono descritte probabilmente nelle storie dell’arte e, a parte le fotografie di moda o i ritratti, preparate in studio o in un luogo (location) che vuole essere significativo a sua volta, se alcune fotografie somigliano ai quadri è solo per il contrario, cioè perché sono i quadri che somigliano alla realtà e quindi alle fotografie. E anche le foto di moda, fatte in studio dopo apposita preparazione, non diventano artistiche intervenendo sulla ripresa, ma intervenendo sulla realtà da fotografare, che dunque, pur essendo costruita, con trucchi, luci e quant’altro, diventa una realtà anch’essa. Perché non si interviene sul modo di fotografare, ma sulla porzione di mondo che viene fotografata.

Occorre anche dire che la fotografia istantanea diventa praticabile molto tardi, mentre per molto tempo la foto richiedeva una lunga posa oltre che una lunga preparazione degli strumenti. Per questo le foto di cronaca privilegiavano i cadaveri: vedi le foto sul brigantaggio in Italia e in altri paesi come il Messico col brigante Virgulino. I soldati del regno d’Italia appena formato, ammazzavano i briganti ribelli e poi li mettevano in posa in fila e li fotografavano, anche per dimostrare che erano morti. La stessa cosa del resto accade a Parigi nel 1871, con le immagini dei repubblicani della Comune, fotografati in fila dopo la fucilazione. (vedi:https://www.google.com/search?q=la+comune+di+parigi+1871&tbm=isch&tbo=u&source=univ&sa=X&ei=izrPUe_kNayP4gSO7oCACg&ved=0CDsQsAQ&biw=1280&bih=581) L’ultimo caso famoso del genere sono le fotografie del cadavere di Che Guevara. All’opposto, o in aggiunta, come vedremo per la fotografia della morte del bandito Salvatore Giuliano, la foto del corpo non ricomposto, ma nel presunto luogo del ritrovamento, ha lo scopo di documentare non solo la morte, ma anche le circostanze del fatto.

SGC

Leonardo Terzo

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