Sacralità del Pil

prosp crit su BLeonardo Terzo, Lo svuotamento dell’arte, 2013

Nel ‘900 si assiste ad un progressivo svuotamento dei contenuti dell’arte, ovvero l’arbitrarietà prevale nelle scelte estetiche, soggette ad un solo criterio, che ho definito “deissi”, per cui l’arte è ciò che chiunque dice che sia, anche se poi la legittimazione reale arriva solo dal mercato. Una sola arte si sottrae a questo destino e sopravvive in questa situazione: l’architettura.

Ciò perché l’architettura è la più economicamente cospicua e politicamente sublime delle arti applicate, e non può abdicare alla sua funzione propria, anzi fa sì che intorno alla sua funzione propria si svolga l’unico rivolgimento problematico: dagli stili esornativi al funzionalismo e ritorno col postmodernismo. I suoi cambiamenti sono invece continuamente dovuti al rinnovo dei materiali da costruzione, dal cemento all’acciaio, al vetro e oltre, in consonanza e in direzione del futuro, cioè dell’urbanizzazione culturalmente internazionalizzata.

A mediare tra architettura e arti visive (seppure si possano definire ancora tali), si pone proprio l’edificazione dei nuovi musei, la cui estetica come edifici esteriorizza e prevarica su quella delle opere che essi dovrebbero contenere.

Quando l’arte aveva una funzione rituale la sua esibizione era rara, privilegiata e modulata sulle occasioni del rito. Erano momenti di disvelamento sacrale ed emozionale carichi di contenuti salvifici e propiziatori. Nell’800 e nella prima metà del 900, la secolarizzazione pone nel museo il luogo e la dimensione dove l’arte trova nuova legittimazione a livello sociale, condivisa con la comunità e non più privilegio dei conventi e dei palazzi privati. L’arte stessa è il nuovo culto e i musei sono i nuovi luoghi carismatici in cui esso si celebra.

La fine del 900 vede talvolta di nuovo l’occultamento delle opere nei caveau delle banche, dopo una breve apparizione alle aste, ma vede soprattutto il rinnovo della logica del museo stesso, che esteriorizza, con nuove architetture, l’esibizione dell’arte come meraviglia.

Come l’opera esce dalle cornici, invade la vita quotidiana, diventa cartellone pubblicitario, diventa body-art o land-art, o performance concettuale, fino a infuturarsi nella rete telematica, così il museo diventa il nuovo santuario che, nell’invenzione architettonica, esibisce la nuova sacralità, e invece dei pellegrini attira i turisti.

In Italia, per mancanza di laicità, in aggiunta ai tradizionali santuari come Loreto o Pompei, si edificano quelli per padre Pio, don Verzè e altri. Si invertono comunque alcuni ruoli: non è più il santuario che fa il miracolo ai pellegrini, ma i turisti che fanno il miracolo economico al museo, perché la secolarizzazione sostituisce la sacralità tradizionale con quella del Pil.
Leonardo Terzo

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