Tuttavia non si può dire altrettanto di lui come artista, che anzi è certamente uno che più di altri ha svuotato la sua arte di contenuti e di significati, almeno significati reperibili nelle sue opere, se è possibile chiamarle così. È vero che questo tipo di svuotamento è tipico dell’arte concettuale, che sminuisce l’opera come oggetto, sostituendola con un atteggiamento mentale, che comunque dovrebbe almeno essere visibilmente comunicato.
Lo scopo di Beuys sarebbe quello di suscitare nel pubblico una reazione critica rispetto alla realtà. Il problema è che l’opera, o la comunicazione che la sostituisce, è per lo più criptica o vuota di senso, eccetto quello che viene enunciato dall’autore stesso (o dal critico manutengolo), e non è comprensibile da un osservatore normale, cioè non “istruito” a priori, o indottrinato dalla setta.
Peraltro spesso l’attività di Beuys ha posto capo a degli oggetti, per esempio pezzi di feltro unti di grasso e simili il cui significato, se non enunciato da apposite istruzioni per l’uso, è impossibile immaginare o reperire. Cercare di responsabilizzare l’uomo riguardo ai suoi comportamenti è certo commendevole, ma non si diventa artisti semplicemente con questa intenzione espressa in qualche evento verbale e recitativo, poi fotografato o filmato. Comunque pare che alla fine delle azioni (Aktionen) rimangano degli oggetti (Objekten) che sarebbero preziose testimonianze autobiografiche dei processi creativi.
Riporto come esempio una citazione da Andrea Morpurgo (in L’età moderna e contemporanea. Il Novecento. Arti visive, Torino, 2012, p.158): “L’artista tedesco, avvolto in un rotolo di feltro, si fa trasportare in aereo da Dusseldorf a New York, dove si rinchiude con un coyote selvatico per un mese dentro la René Block Gallery. Durante questa prolungata e inizialmente conflittuale convivenza, lentamente si instaura un rapporto tra l’artista e l’animale. Il significato simbolico dell’azione rituale, in cui Beuys si pone come sciamano pacificatore, tende a evidenziare lo scontro tra natura e civiltà capitalistica”. Nientemeno!
Sfiderei chiunque a credere, se non “avvertito”, che farsi trasportare in aereo da Dusseldorf a New York avvolto in un rotolo di feltro con un coyote evidenzi lo scontro con la civiltà capitalistica. Ora queste azioni possono anche evidenziare: onestà, significato e importanza, ma non si può non sospettare anche: truffa, indottrinamento, ridicolo.
Leonardo Terzo