Sociologia dell’arte 2. Il quarto stato e Quadrato bianco su sfondo bianco


London, Notting Hill 2

Gli elementi sociali dell’opera d’arte sono inevitabili, ma, a rigor di termini, sono componenti che contribuiscono ad un fine estrinseco ad essi, propriamente artistico. Quindi gli elementi sociali sono strumentali e secondari per la funzione estetica propria.

Ma qual è la funzione estetica propria? Potrebbe essere la capacità di evidenziare l’importanza e il valore di tutti gli elementi di per sé parziali che confluiscono nella particolare poetica di quell’oggetto artistico.

Per esempio una poetica (cioè un’intenzione) ideologica e sociale come quella de Il quarto stato, di Pelizza da Volpedo, cui contribuiscono, realisticamente e allegoricamente insieme, la monumentalità della disposizione delle figure, la scelta stessa delle figure dei lavoratori in massa e in marcia verso chi guarda il quadro, cioè verso di noi e verso una sintesi di presente e di futuro.

Infatti la natura dell’oggetto artistico, cioè proprio la funzione estetica, implica la reciproca e totale iperfunzionalità di tutte le sue componenti. In termini più espliciti: ogni cosa che vediamo in un’opera d’arte è da percepire ed è percepita in relazione a tutte le altre e a tutti i significati a cui esse rimandano. In questo caso: lavoratori, uomini, donne, bambini, abiti proletari, schieramento solidale che occupa l’intera scena, luminosità diffusa, il senso di un movimento che non si ferma…

Quindi quando apprezziamo i significati sociali de Il quarto stato, li vediamo in relazione alla scelta e alla disposizione formale che danno all’allegoria della lotta dei lavoratori un’aura e un’enfasi che non è sociale e ideologica soltanto, ma peculiarmente formale. Qui dunque l’estetica sembra al servizio della sociologia, e la critica sociologica non fa fatica a svolgere la sua funzione.

Ma elementi sociali dovrebbero essere reperibili per esempio anche in Quadrato bianco su sfondo bianco di Malevic, solo che tutte le componenti per natura strumentali dell’opera d’arte sono strumentali a diversi gradi di pertinenza intuitiva e funzionalità immediata. Il quadrato di Malevic vuole essere un invito alla percezione del “non oggettivo”, cosa che visivamente è, perché non vi si vede nessun oggetto. Ma dal punto di vista di una critica sociologica, ciò che si vede non è immediatamente e intuitivamente significativo.

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Malevic, Quadrato bianco su sfondo bianco.

Tipico della poetica modernista è passare dall’interesse per la rappresentazione della realtà all’interesse per le tecniche di rappresentazione della realtà, e quindi per esempio non rappresenta, ma presenta, nell’opera d’arte una visione capace di ripiegare su se stessa e chiedersi: cosa sto vedendo? E come mai? Per capire questo intento nel quadro di Malevic dal punto di vista di una critica sociologica, occorre avere nozione della cultura modernista (1880-1950), e la sociologia dell’arte deve passare dalla sociologia delle idee che stanno alla base dell’arte e delle sue poetiche.

A metà strada tra rappresentare e presentare, segnalo l’effetto di straniamento che può produrre un’immagine, privata del suo contesto e poi gradualmente ricollocata in varie inquadrature di esso.  Per cui dietro le due ragazze, vediamo ora apparire altre persone che mangiano, in una scena ancor meno elegante di quella apparsa nella puntata precedente, per arrivare infine all’inquadratura finale e completa, in mezzo a mucchi di spazzatura non diversi da quelli di cui siamo abituati a lamentarci nelle città italiane.

Qui ovviamente la riflessione sociologica è facile ed inevitabile: la spazzatura è un prodotto del degrado sociale, ma il progressivo allargamento dell’inquadratura, che è una mia scelta, precipuamente formale, è nello stesso tempo un elemento sociologico; e questa riduzione e poi la rielaborazione originale mostra la stretta connessione tra scelte formali e significato sociale intrinseco ad ogni scelta di poetica nell’opera d’arte.


London, Notting Hill 3

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