Sociologia dell’arte 3. Dov’è il sociale nell’Infinito di Leopardi?

infhrL’opera d’arte, come messaggio, è fatta di significato e significante. Il significato è ciò che il messaggio vuole dire, e il significante sono i mezzi materiali con cui si dice. Quindi l’arte è fondata su un qualcosa di materiale, ma a differenza dei messaggi non artistici, in cui il materiale o significante può cambiare mentre il significato rimane lo stesso, significante e significato sono inscindibili, e se si cambia il significante (cioè il materiale, la forma), il significato non è più lo stesso.

Per esempio, perché “Quest’ermo colle mi fu sempre caro” è diverso da “Sempre caro mi fu quest’ermo colle”? Perché il ritmo della seconda versione fa parte della musica verbale che in una poesia è essenziale per aggiungere al significato della prima versione il fascino incantatorio che ci avvince al significato stesso. La musica ha il senso e fa l’effetto della musica.

Alla fine de L’infinito di Leopardi abbiamo vissuto, e non soltanto capito, il senso dell’aspirazione all’oltrepassamento dei limiti. Questi limiti possono essere i limiti del dicibile spinto verso qualcosa che diventa la cristallizzazione di ogni aspirazione umana. Ma che nel caso del periodo romantico io individuo “sociologicamente” nell’isolamento degli intellettuali (che erano stati artefici dell’illuminismo e sostenitori della visione del mondo borghese contro i resti dell’aristocrazia), quando la borghesia ha ormai conquistato il potere e non ha più bisogno di loro.

Gli intellettuali critici e militanti, consapevoli o meno, perdono così la loro funzione e ogni legame col potere e proiettano, in una aspirazione visionaria a qualcosa di “infinito” rispetto al finito presente, il senso della loro funzione, perseguibile e identificabile ora con la loro arte (per l’arte).