Breve traccia del sublime, ovvero verso il sublime contemporaneo

VUOTO

Leonardo Terzo, La filosofia della differenza, 2016

Origini, mutazioni e razionalizzazioni del concetto e della sua prassi.

Datazione del Peri ypsous, dello Pseudo-Longino: prima metà del primo secolo d. C. Pubblicazioni moderne: Basilea, 1554, di Francesco Robortello; Parigi, 1674, di Nicolas Boileau. La discussione è sempre conflittuale. Nel primo caso lo Pseudo-Longino tratta l’argomento usando una terminologia e una concezione retorica. Il conflitto è tra la precisione razionale contro la suggestione della parola e la commozione dell’animo.

Poi si trasforma in precisione formale, che scade a minuzia e sterilità, contro lo slancio verso l’elevatezza del pensiero. La natura dello slancio implica il rischio di instabilità e imprecisione. Notiamo il parallelo che si istituisce tra slancio e instabilità: ci si muove verso qualcosa non del tutto noto e certo, tuttavia alto nel senso di migliore o più generoso. Si coinvolge il pensiero (elevato), la sensibilità (passionale), la competenza retorica (delle figure e del registro linguistico).

Nel Settecento viene reinterpretato da Edmund Burke, passando dal campo retorico a quello etico-estetico: London, 1757, A Philosophical Enquiry into the Origin of Our Ideas of the Sublime and Beautiful. Il conflitto ora è col concetto di “bello”, e tra due sentimenti correlati: il sublime è dominato dall’orrore e il bello dall’amore.

L’orrore ha come referente assoluto la minaccia della morte, cui viene contrapposta la sopravvivenza, ma nel brivido della minaccia che si risolve in sopravvivenza la qualità del piacere ha un’esplicita componente masochista.

Poi Kant nel 1764 scrive le “Osservazioni sul sentimento del bello e del sublime”, dove proprio il vissuto del terrore genera un sentimento di piacere denominabile sublime, mentre il bello è un sentimento di armonia e tranquillità.

Nel 1790 nella Critica del giudizio Kant distingue due tipi di sublime: il sublime “matematico” e il sublime “dinamico”. Il primo è un sentimento prodotto quando la ragione domina l’esperienza dell’immaginazione; il secondo, il sublime dinamico, produce uno stato d’animo in cui la potenza della natura sembra soverchiante, ma l’uomo finisce per trascenderla proprio in quanto uomo, perché la sua “destinazione” di essere razionale è proprio il dominio della natura dentro e fuori di lui.

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Leonardo Terzo, Il sublime contemporaneo, 2016

Nell’epoca attuale, genericamente denominabile postmoderna, fortemente impressionata dalla linguistica e dalla semiotica nella loro versione post-strutturalista e decostruzionista, il sublime ha acquisito una qualità riferibile ai problemi della codificazione del mondo. Si tratta della possibilità del linguaggio di pertinentizzare, e quindi dominare, la realtà, la natura, l’essere. Lo slancio verso il sublime si trasforma in “fluttuare del significante” e filosofia della differenza: tutta sospensione e niente piacere.

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