Cos’è la poesia, da dove viene e dove va.

300px-Alfonso_gatto_ritratto_da_farpi_vignoliAlfonso Gatto ritratto dallo scultore Farpi Vignoli, 1940

 
La poesia ha origine come tecnica mnemonica della cultura orale: serviva a favorire la memoria della comunità. Quando nasce la scrittura, comincia la decadenza della poesia, che sopravvive per altri impieghi. E li cerca facendo ricorso all’apprezzamento estetico.

La poesia non serve più a ricordare, ma ad attribuire valore a certe nozioni piuttosto che ad altre attraverso una dizione affascinante.

Qui comincia perciò anche l’equivoco sulla definizione di poesia tra il punto di vista descrittivo e il punto di vista apprezzativo. Si tende a chiamare poesia solo la poesia che si apprezza. Se non piace allora si è reticenti a considerarla poesia.

La sua efficacia tuttavia è sempre problematica, tanto che da sempre i poeti hanno dovuto difenderla. Cito tre difese della poesia: quella di Cicerone, quella di Philip Sidney, e quella di Shelley.

Il fatto che periodicamente si senta il bisogno di difendere la poesia dimostra che la poesia nei fatti è svalutata, praticamente dal momento originario in cui si passa dalla cultura orale a quella scritta.

Per Cicerone (Pro Archia, 62 a. C.) la poesia è ispirazione divina e opera effetti che incidono sulla condizione umana e sulla natura, con la forza del numinoso. È divinità che si affaccia nell’umanità.

Nella difesa di Philip Sidney (A Defense of Poesie, 1595) che si difende dallo spirito puritano ed è il prodotto del Rinascimento, si sostiene che la poesia svolge un compito etico che consiste nel presentare il bene in modo piacevole, così da convincere la volontà, indebolita dal peccato originale, ad adeguarsi alla verità.

Essa solleva l’uomo dalla natura degradata della carnalità alla sua vera natura che è la spiritualità. L’aspetto piacevole, che oggi definiremmo propriamente estetico, per Sidney è al servizio della verità, che coincide con la morale.

La difesa della poesia di Shelley (A Defense of Poetry, 1840) è il prodotto del Romanticismo contro ciò che oggi definiamo il mondo dell’industria e della tecnica.

Più che una difesa è un attacco che cerca di capovolgere le posizioni. È la poesia che è superiore agli altri tipi di sapere, perché si fonda su una sapienza più profonda e creativa che è l’immaginazione.

La scienza e la filosofia sarebbero inferiori perché escludono ciò che non credono vero, mentre la poesia è inclusiva perché fatta di miti, creativi e rivoluzionari. La poesia deve perciò essere il valore fondamentale della civiltà, e i poeti ne sono i veri legislatori, come nei tempi antichi, anche se ora non sono riconosciuti.

Il poeta riprende così il suo ruolo di oracolo, non più come portavoce degli dei, ma di quella facoltà creativa dell’uomo stesso che è celata in lui.

Ai giorni nostri, come veicolo di conoscenza, la poesia è quantitativamente inefficace, perciò deve spostare altrove la sua funzionalità come fenomeno elitario, anche in questo caso cercando di capovolgere la sua debolezza in una forza, non più morale o creativa ma sociologica.

Come dice Bourdieu, essa è usata come uno strumento di distinzione di classe per l’accumulo di un capitale culturale.

Per Raymond Williams, pioniere degli Studi Culturali in Inghilterra, con l’avvento del mercato la poesia è stata un tentativo fallito di sottrarsi alla mercificazione di tutta la realtà produttiva.

Questa è ancora la pretesa di ogni filosofia della differenza. La poesia, come ogni arte, sarebbe comunque libera attività creativa anche quando è al servizio del potere, come per esempio nel caso di Shakespeare, o di Michelangelo, o di
Sciostakovic.

Oggi la poesia vende se accoppiata alla musica dei cantanti, oppure ottiene una certa popolarità accoppiata alla dizione in pubblico, come spettacolo-evento, nei cosiddetti poetry slam.

Questo tende a modificare la sua forma, per cui se nel Medioevo prevaleva l’epica del poema cavalleresco, se nel Seicento prevaleva la poesia pastorale, nel Settecento la didattica e la satira, nell’Ottocento e Novecento prevaleva la poesia civile e la lirica, oggi il genere di successo è il rap, che è ritmico e aggressivo.

Anche la poesia si adegua così all’estetica del mezzo, ovvero alle condizioni di presentazione, che, come avrebbe detto Mike Bongiorno, oggi vanno per la maggiore.
Leonardo Terzo
Casa della poesia, 3 dicembre 2013.

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