Il reportage e le funzioni della fotografia

Z nuovo conio 012C. M., Vernissage, Pavia, 5 aprile 2008

 Quando la fotografia e il modernismo si influenzano a vicenda, vanno entrambi in direzione dell’autoriflessività, e poi verso l’estetica del mezzo, anche se l’arte mette in primo piano la percezione, condizionata e anzi costituita dalla cultura, dalla psicologia e dall’emotività umana, mentre la fotografia in luogo della personalità umana deve tener conto delle caratteristiche della macchina e del processo tecnico. Leggi tutto “Il reportage e le funzioni della fotografia”

L’età della tecnica e la filosofia di Benjamin

Eppur si regge

Leonardo Terzo, After Klee, 2013

  1. 2. 4. L’età della tecnica e la filosofia di Benjamin

In genere i sostenitori dell’arte di massa partono dalla premessa che ogni epoca ha il suo tipo di arte, adeguata alle condizioni storiche, e quindi l’arte delle masse è comprensibile solo se considerata con criteri diversi da quelli adottati nelle epoche precedenti. Questa premessa “storicistica” per Benjamin si riferisce infatti al materialismo storico. Perciò le forme di arte tecnico-meccaniche sono significative dell’emergere di una nuova coscienza sociale che è quella proletaria, così come la comunicazione e l’arte elettronica, discussa da McLuhan e caratterizzata dalla televisione e dalle nuove tecnologie, segnerà l’epoca della globalizzazione.

Il materialismo storico vede la Storia determinata dai rapporti di produzione economica sulla base delle risorse materiali disponibili. Ciò costituisce la struttura, sulla quale si elaborerebbe poi la sovrastruttura, comprendente valori, credenze, leggi, organizzazione sociale e quindi la coscienza, la cultura e le arti. Da qui il determinismo tecnologico di Benjamin. Per esempio il feudalesimo era basato su un intenso impiego della forza lavoro fondamentalmente agricola, difesa e dipendente dall’aristocrazia guerriera, in un’organizzazione sociale giustificata gerarchicamente dalla sovrastruttura culturale fornita dalla religione, a sua volta elaborata dalla classe intellettuale del clero. Lo sviluppo tecnico industriale fa emergere poi il potere di una nuova classe, mercantile e manifatturiera, che gradualmente evolve in potere finanziario, modifica la cultura religiosa a proprio vantaggio, e sostiene l’aristocrazia militare, finanziandone le guerre.

In questi schemi si inserisce il paradigma di Benjamin per cui lo sviluppo tecnico scientifico determina l’organizzazione dei nuovi rapporti di produzione. A livello sovrastrutturale questi favoriscono le nuove arti: stampa, radio, fotografia, cinema, caratterizzate dalla riproducibilità, e adatte quindi ad essere fruite nei modi e in quantità sufficienti per le masse proletarie di cui formano e interpretano i nuovi bisogni culturali. Questi bisogni sono: praticità, variabilità e frammentarietà, vicinanza e confidenza, rapidità e sensazionalismo. Non è chiaro se per Benjamin questo modo di vedere il mondo attraverso i nuovi strumenti e le nuove arti favorisca l’atteggiamento critico delle masse o ne atrofizzi la capacità di lotta sociale. A mio parere dipende dall’uso che se ne fa, ma è certo che nella prima metà del Novecento i nuovi mezzi sono stati ampiamente e meglio utilizzati dal fascismo e dal nazismo. Il film di Woody Allen, La rosa purpurea del Cairo, pone appunto in dilemma se sia meglio vivere nel mondo immaginario e consolatorio del film o affrontare quello difficile e doloroso della realtà, nel periodo della grande crisi del 1929.

La reale o contraddittoria intuizione di Benjamin relativamente ai modi di fruizione delle nuove tecniche di produzione e delle nuove arti che ne derivano, come la fotografia e il cinema, è che comunque questi modi di fruizione sono diversi da quelli per così dire “auratici”, richiesti dalle arti tradizionali, fatti di concentrazione, contemplazione e kantiano “disinteresse”. I nuovi modi appaiono contraddittori perché combinano la possibilità di distrarsi endemicamente e poi di interessarsi di nuovo, perché i produttori e i registi, consapevoli di questa possibilità di distrazione, cercano di riattivare l’interesse del fruitore tramite gli artifici e gli shock del montaggio, o altre tecniche di fascinazione.

Noi infatti siamo ora in grado di vedere gli sviluppi di queste pratiche di attrazione dell’attenzione del fruitore distratto, che si sono sviluppate e si sviluppano nella pubblicità, nei videoclip, nella comunicazione ipertestuale del web. I nuovi mezzi sono diversi, ma accomunati da una fruizione senza aura tradizionale e dalla frammentarietà, sia della trasmissione che della percezione. Possiamo dire che l’influenza che Benjamin prevedeva sulla formazione della personalità molteplice dei contemporanei si esprime nell’aggettivo “multitasking”, molto in voga oggi, cioè la capacità di prestare attenzione a molteplici compiti contemporaneamente. In più, secondo Benjamin, l’assuefazione ai nuovi prodotti produce anche un nuovo modo di considerarli e criticarli, che la fruizione “auratica” non prevedeva. Questa nuova capacità di critica è invece negata da altri studiosi, come per esempio Adorno e Horkheimer; che vedono nella comunicazione di massa solo un modo per rendere passiva e acritica la fruizione. La posizione di Benjamin, favorevole ai nuovi mezzi, potrebbe assimilarsi ad un determinismo storico hegeliano, che vede comunque nel nuovo della Storia qualcosa di inevitabile, che per di più non può che essere a vantaggio della nuova classe in ascesa, cioè il proletariato.

Tuttavia Benjamin è consapevole che i primi a trarre vantaggio dai nuovi mezzi di comunicazione diffusa, perché riproducibile, sono stati il fascismo e il nazismo, ma lo spiega col fatto che la sovrastruttura della produzione culturale è stata separata e deviata dai fini della base economica strutturale, proprio per impedire il cambiamento della proprietà economica, e convogliarli invece nella guerra.

Il paradosso della Storia della prima metà del Novecento è un capovolgimento della prassi: i nuovi modi di produzione creano una sovrastruttura culturale che viene mistificata e ritorta contro il proletariato per impedirgli di prendere coscienza dei nuovi possibili rapporti di classe. Al proletariato viene concesso un protagonismo spettacolare, specchio del suo nuovo potenziale potere, per impedirgli di prendere il vero potere economico. Alla prova dei fatti la nuova capacità di penetrare  e criticare, che Benjamin attribuisce alle nuove tecniche di produzione artistica, fallisce il suo obiettivo perché il proletariato si accontenta dello specchio spettacolare del potere, offerto dal cinema, invece del potere reale. I critici dei nuovi mezzi, come Adorno, sembrano aver ragione nel vedere nei nuovi mezzi uno strumento dello sfruttamento e del nazismo, ma sia Benjamin che Adorno hanno torto nel vedere un rapporto deterministico tra la natura dei mezzi di propaganda e il loro uso, perché i mezzi sono appunto mezzi e possono essere usati per fini politici opposti.

Le arti sembrano anticipare la comprensione del mondo, invece sono segnali tardivi di un mondo dove i cambiamenti strutturali sono già avvenuti. La classe lavoratrice, che secondo Benjamin avrebbe dovuto emergere in seguito a tali cambiamenti, continua a rimanere spossessata del vero potere. In termini di quel settore della sovrastruttura che sono le arti, la trasformazione dell’aura tradizionale ha creato un’aura di massa, che prima si è materializzata nel feticismo delle merci nell’ideologia del consumismo, e poi come società dello spettacolo, dove le masse dei paesi cosiddetti avanzati si specchiano nell’auto-rappresentazione sintetizzata dal quarto d’ora di celebrità per tutti e dai reality show.

La globalizzazione e il web sono un ulteriore avanzamento che crea un mondo nuovo dove, sebbene coi nuovi mezzi, i pochi hanno ancora la facoltà di dominare i molti, perché i mezzi di produzione, sempre più sofisticati, sono manovrati con più facilità ed efficacia da chi li detiene. Sebbene gli effetti di questi sviluppi siano sempre in qualche modo imprevedibili, per ora essi hanno ampliato enormemente il divario tra ricchi, sempre più protetti e arroccati nei loro fortini tecnologici, e poveri, esposti invece agli tsunami demografici che hanno abolito le barriere tra popoli sottosviluppati e il resto del mondo. Il che va temporaneamente benissimo per l’algerino che riesce a mangiare anche se è sfruttato in nero, mentre a casa sua sarebbe morto, ma il suo sfruttamento facilita anche quello degli europei disoccupati, anche se riescono a mangiare alla mensa della Caritas.

Come categoria incantatoria, l’aura diventa prima culto della bellezza, poi feticismo delle merci, poi spettacolare specchio di Narciso per le masse, poi magia ipertestuale del web, dove il singolo si sperde e le comunità si sfaldano nei meandri della comunicazione coatta e sorvegliata. Anche qui abbiamo iniziative di gruppi che cercano di farne un uso democratico, e il conflitto è in corso.

La fotografia di Shakespeare

pietro_annigoni_8Pietro Annigoni, Elisabetta II, 1955

 

La civiltà moderna e contemporanea è una civiltà dell’immagine. E tra le immagini la fotografia è il mezzo all’origine dell’espansione di tutti i successivi incrementi della tecnologia visuale. Certamente il valore e la funzione delle immagini è accresciuta dalla comunicazione mediatica, tuttavia tutti i sensi e tutti i linguaggi convergono nella fruizione dei media, per cui l’immagine non è più, semmai lo è stata, fruibile da sola, ma diventa un elemento sempre misto agli altri della comunicazione totale. Leggi tutto “La fotografia di Shakespeare”

Fotografia, verità ed entropia

Music, AutoritrattoZoran Music, Autoritratto.

Nel rapporto tra la fotografia e la bellezza delle cose fotografate, i criteri di valutazione seguono l’evoluzione del gusto, come per qualsiasi altro giudizio estetico. Rispetto alla vanità personale però, la fotografia viene considerata di per sé un mezzo per esibirsi, tanto più quando, a partire dal 1855, Fox Talbot dimostrò che la fotografia si poteva ritoccare, in questo modo mettendo però in dubbio la verità e l’oggettività del risultato. Peraltro il rapporto tra immagine e realtà è sempre più complesso di quanto si creda, e si passa dall’illusione che la fotografia sia, per la sua natura tecnica, inevitabilmente sincera, all’attuale epoca “del sospetto”, quando qualsiasi forma o strumento di conoscenza, dalla lingua all’immagine, è considerata incline a privilegiare il punto di vista, parziale e interessato, di una classe dominante e della sua ideologia. Leggi tutto “Fotografia, verità ed entropia”

Fotografia, malinconia e surrealtà. Lo strano caso della “decreazione”.

TwinsEmporio Porpora, Twins, 2013

A distanza di un’epoca, Sontag non è più molto entusiasta dell’elaborazione surrealista della realtà, e ne vede il sopravvissuto interesse e valore non più nelle arti proprie e nelle poetiche moderniste in generale, ma solo nella fotografia. Vi è sottesa la nozione che il modernismo, in tutte le arti, è stato influenzato dalla fotografia, e quando le arti della prima metà del ‘900 sono passate d’attualità, ciò che resta della civiltà estetica modernista sia solo la fotografia. E non per il meglio. Leggi tutto “Fotografia, malinconia e surrealtà. Lo strano caso della “decreazione”.”

Sontag, Arbus e Warhol.

250px-Diane-Arbus-1949Diane Arbus by Allan Arbus

Tramite Arbus, Sontag riflette sul potere della fotografia e del fotografo a cui abbiamo già accennato. Questo potere infatti permette atti “crudeli” e “cattivi”, “senza batter ciglio”. La macchina fotografica è un passaporto che cancella limiti morali e inibizioni sociali, liberando il fotografo da qualsiasi responsabilità. Perché il fotografo, secondo Arbus, non si intromette veramente nella vita delle persone, si limita a visitarla. “Il fotografo è un superturista, un prolungamento dell’antropologo che visita gli indigeni e torna indietro carico di notizie sui loro atti esotici e sui loro bizzarri indumenti. … La visione di Arbus è sempre dall’esterno.” (p. 38) Leggi tutto “Sontag, Arbus e Warhol.”

Fotografia americana: società, democrazia e bellezza.

Pozzanghera numero 6Leonardo Terzo, Pozzanghera n.6, 2013

Storicamente Sontag analizza l’evoluzione degli interessi (e di conseguenza degli “stili”) dei fotografi americani relativamente alle cose da fotografare. Sotteso a questo discorso è  il presupposto che gli Stati Uniti, almeno rispetto all’Europa, siano stati il luogo dove i rifugiati dal vecchio continente hanno fondato, magari sul genocidio dei nativi, una società obiettivamente lontana dai pregiudizi aristocratici dai quali cercavano scampo. Questo clima socio-culturale, riportato allo studio della fotografia, riguarda la dimensione etica ed estetica del livello di mondo fotografato. Si tratta infatti di un nodo  o garbuglio di valori che tutte le epoche cercano di sciogliere, non sempre riuscendoci. Leggi tutto “Fotografia americana: società, democrazia e bellezza.”

Susan Sontag sulla fotografia.

Hic Sunt Group, Leila travolta da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto, 2013

Si può dire che tutti i discorsi sulla fotografia, pur nelle loro varie gradazioni, non possano sfuggire ad una sorta di osmosi argomentativa. Questa comunanza di fondo è persino auspicabile, ma non è difficile individuare in ogni autore un interesse distintivo preminente. Così direi che l’intervento di Benjamin sulla fotografia e la riproducibilità è antesignano della teoria della comunicazione, e ciò ne spiega la grande fortuna fino ai giorni nostri;  quello di Barthes è un itinerario nella continuità indeterminata della divagazione emotiva, indotta dalla fotografia nell’esperienza individuale; quello di Krauss è un’esplorazione dell’inevitabile, ma non sempre percepita, influenza “tecnica” della fotografia sull’arte e le arti;  quello di Sontag infine esplora principalmente gli effetti sociali della fotografia come “nuova invenzione”, con una sorprendente, quantità di sfaccettature. Leggi tutto “Susan Sontag sulla fotografia.”

Beuys e il coyote

118-coyote-i-like-america-and-america-likes-me.jpg w=720&h=478Joseph Beuys e il coyote

Certamente Joseph Beuys (1921-86) è stato una persona molto impegnata eticamente e politicamente, anche se con sfumature di misticismo esoterico. Infatti pare che in vita e anche successivamente sia stato celebrato come personaggio carismatico. Ma questo succede anche a personaggi che non hanno esibito lo stesso impegno, come Hirst o Warhol, o addirittura si fanno creatori di scherzetti e barzellette come Beecroft, Cattelan o Koons. Leggi tutto “Beuys e il coyote”

La straordinaria “fotografia” di Degas.

Edgar Degas, L’attesa, 1882

Questo quadro di Degas, intitolato L’attesa, è comparso in un blog in rete con alcuni commenti che l’hanno paragonato ad una fotografia, perché come la fotografia sembra cogliere un istante, per di più in un’occasione ordinaria e banale. Cosa c’è di più noioso e meno entusiasmante di un’attesa? È anche possibile che Degas si sia rifatto ad una vera fotografia da riprodurre poi come quadro, ma questo anzi induce ancor di più ad alcune riflessioni sui rapporti tra fotografia, arte e realtà. Leggi tutto “La straordinaria “fotografia” di Degas.”

Sacralità del Pil

prosp crit su BLeonardo Terzo, Lo svuotamento dell’arte, 2013

Nel ‘900 si assiste ad un progressivo svuotamento dei contenuti dell’arte, ovvero l’arbitrarietà prevale nelle scelte estetiche, soggette ad un solo criterio, che ho definito “deissi”, per cui l’arte è ciò che chiunque dice che sia, anche se poi la legittimazione reale arriva solo dal mercato. Una sola arte si sottrae a questo destino e sopravvive in questa situazione: l’architettura. Leggi tutto “Sacralità del Pil”

Arte e deissi: dal nulla all’arte e ritorno.

C.C. The Pink Rabbit 2001C. C., The Pink Rabbit Deconstructed, 2001

Quella particolare forma di attività umana che viene denominata arte e pone capo a degli oggetti di conseguenza detti artistici, nell’ultimo mezzo secolo e anche prima, non  viene individuata per qualche caratteristica interna o intrinseca (inventività formale o semantica), ma per una ragione estrinseca, per così dire “deittica”, dall’esterno. È arte ciò che viene proposto e indicato come tale in un ambito sociale o comunità, più o meno estesa, al limite di una sola persona. Leggi tutto “Arte e deissi: dal nulla all’arte e ritorno.”

Fotografia, Dada e realtà.

Hic Sunt Group, Beyond Jouissance, 2013

Hic Sunt Group, Lau. Al di là del piacere e del dolore, 2013

Rosalind Krauss (Teoria e storia della fotografia, 1990) nota che la storia dell’arte si è spesso orientata sulla base di due criteri antinomici: disegno e colore. Il primo si fonda sulla riflessione e la precisione, l’altro sulla percezione sensibile e l’immediatezza, per esempio: Classicismo e Romanticismo.

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Cosa fa chi fotografa 6. Benjamin: glossario speculativo

IstanteEmporio Porpora, Istante, 1 marzo 2013, ore 16,37.

Come glossario speculativo, riassuntivo, possiamo cominciare dalla serie di antinomie teoriche che la fotografia ha prodotto. La prima è la separazione tra mezzo tecnico, che presiede a compiti di documentazione, e mezzo artistico: la fotografia non potrebbe essere arte perché è un mezzo meccanico, copia e non crea, ma per Benjamin proprio questo ci fa capire che anche l’arte muta nel tempo, proprio a causa del variare dei mezzi. Leggi tutto “Cosa fa chi fotografa 6. Benjamin: glossario speculativo”

Cronaca e arte, valori ed egemonie, originalità e riproducibilità.

Biking in Pavia 2bLeonardo Terzo, Biking in Pavia, 2006

Cronaca e arte

C’è il ritocco della fotografia che possiamo definire innocente, per renderla semplicemente più visibile, e c’è il ritocco in malafede per produrre un falso, architettato e non fotografato. L’arte è finzione, perciò la finzione può essere falso oppure arte. Il falso è un intervento nascosto, l’arte è un intervento esibito. Leggi tutto “Cronaca e arte, valori ed egemonie, originalità e riproducibilità.”

Walter Benjamin, La Gioconda e Marilyn Monroe.

 

 M MCamera, Suffering Beauty, 1926-1962

Nel saggio su “L’opera d’arte…” Benjamin inizia con una citazione di Valery da La conquête de l’ubiquité che mette in relazione la natura delle arti  con i mezzi tecnici con cui esse sono realizzate. Poiché le tecniche materiali disponibili evolvono, mutano anche le arti, non solo nel senso delle poetiche, ma come arti stesse, e se ne inventano di nuove. Leggi tutto “Walter Benjamin, La Gioconda e Marilyn Monroe.”